Il Bello della Diretta o L’Asse di Variazione

 

Asse di variazione – da panico per coronavirus a terrore panico del crollo dell’economia. Enormità di un problema. Mi sembra che, dopo aver lanciato un Total-Alarm,  il governo Conte (forse come avrebbe fatto qualsiasi altro governo) nel rimettere la questione alla coscienza di altri, liberi di decidere in merito, a loro discrezione, si sia un po’ lavato le mani (eufemismo) dalla responsabilità di stabilire precise disposizioni (chiusure) a tutela della salute di chi lavora nelle industrie: operai. Che nella maggior parte dei settori sono impegnati in attività per le modalità ed esigenze delle quali non possono evitare il gomito a gomito, il contatto ravvicinato tra loro o con attrezzi e materiali trattati in comune. E nella stragrande maggioranza, lavorano nella stessa fabbrica, cantiere, industria, in una pendolarità da diversi comuni, spesso significativamente distanti tra loro e dal luogo di lavoro (e qui si apre il fuoco d’artificio, dai contorni simili al sorriso di un emjoi, del modulo di autocertificazione personale, conditio sine qua non). Paura del Sistema? (urlo della folla: “Sììììì”). Ancora a chiedere al Sistema di essere super partes? Come chiedere ad un daltonico di preparare una mazzetta colori. Il problema, grosso, multilama a centomila tagli, è rimasto, rimane da affrontare.  Certo, se il governo Conte avesse disposto responsabilmente anche la chiusura immediata delle “fabbriche” avrebbe esplicitamente automaticamente incluso anche il settore tra quelli aventi diritto a nuovi “interventi di sostegno” stabiliti da parte dello Stato. Un po’ troppo anche per i governi di buona volontà, certo. Troppe fette per una torta sola. E la cerimonia non si svolgerebbe a Cana. Questo matrimonio non s’ha da fare?  Intanto sta, è stato già, ad alcuni Consigli di fabbrica nelle aree soprattuto del medio-grande indotto decidere per l’unica soluzione al momento attuabile: diradare la presenza di lavoratori invitandoli a consumare l’ammontare di ferie maturate e finora non godute. Fino al 25 marzo. Trionfo dell’ottimismo sotto il mantello della prevedibilità e dell’apparente momentaneo “così non si fa male nessuno”. Avremo un altro esempio di buona amministrazione? “Anche la Speme, | ultima Dea, fugge i sepolcri; e involve | Tutte cose l’obblio nella sua notte“.  “Via dai pazzi sepolcri”, almeno per l’espace d’une nuit, è sembrata la quasi commossa chiosa della diretta, nello sguardo del Primus inter pares da estenuato “non solo al comando” dopo una prova tutta corsa “al gancio” in attesa del bacetto della miss all’arrivo di tappa. Ma sì, ce l’hanno messa tutta, basta col pensiero che ci hanno provato un’altra volta. E anche noi spegniamo la luce e ci mettiamo su un fianco, a dimenticare, anche noi, almeno per lo spazio di un sonno. Senonché, ecco che si riaccende la lampadina di Eta Beta, già mezzo assopiti sgranocchiamo una pallina di naftalina sempre pronta sul comodino e, flàafff, prende luce la pretesa, il sospetto, legittimo, da figlio del Paese, che ai governi non spetti mai il diritto, anche per una sola notte, a sonni tranquilli. Ed ecco il turbinare di pensieri, eccoci vagare sulle dune del calcolo delle possibilità, persi nel ronzio del cervello che vibra a prender la mira sperando immodestamente in un centro nel bersaglio caleidoscopico delle questioni. Potrà più il veloce crollo della caramella da banco o la lenta agonia dei figli dell’Industria Pesante? Scialuppe a mare. Prima le donne e i bambini? Prima i più utili? Diamoci una risposta, mille, mille e una, in un ipotetico acceso e sempre ambito dibattito dal barbiere, di quelli nei quali risolvevamo in un pluff e in un  plaff problemi nazionali ed esteri, col filtro e senza, uno di quei dibattiti ai quali per molto tempo,  pare, non potremo più dar vita.  E intanto, lasciatemi l’impressione che se chiederemo che le nostre vite superino in importanza l’economica ragione, beh, vorrà dire che fin lì avremo avuto come guida la Cieca di Sorrento. E la domanda che mi faccio e che mi toglie la pace che invece cercherei anch’io, chiudendo, è “sì, ma allora tu che faresti?”.